Il corteo spezzato e militarizzato del Primo Maggio torinese non deve essere la normalità.
La piazza deve essere di tutte e tutti, nel rispetto reciproco della libertà altrui. Ogni persona, nessuna esclusa, deve essere libera di manifestare in piena sicurezza, compresi genitori e nonni con bambini, anziani, persone con disabilità. Devono essere liberi di manifestare lavoratrici e lavoratori insieme ai sindacati organizzatori Cgil, Cisl e Uil, devono esserlo i militanti dei partiti – di tutti i partiti – e delle associazioni laiche o religiose, dei movimenti studenteschi, femministi, ecologisti e lgbtqia+, dei centri sociali. Liberi e libere non solo di celebrare una giornata che è e deve essere anche di festa e socialità, ma liberi e libere anche di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso verso piattaforme rivendicative, posizioni politiche e sindacali, autorità politiche presenti. Libero fischio in libera piazza, diceva il presidente Sandro Pertini.
Nessuno va difeso dai fischi, chiunque va difeso dalla violenza fisica: questo è ciò che vale e deve valere in una democrazia costituzionale. Come in occasione di altri scontri abbiamo già pubblicamente detto, ogni eventuale intervento di sicurezza va rigorosamente proporzionato a questo parametro, nell’ottica della de-escalation e della assoluta minimizzazione dei rischi per l’incolumità di chi agisce o subisce contestazioni e degli operatori di polizia. Impossibile? No, secondo noi non è impossibile. Si può fare. A dimostrarlo non è solo la storia più remota, ma quella più recente: alla fiaccolata del 24 aprile hanno potuto convivere posizioni lontanissime, provocazioni e contestazioni, senza che nessuno vedesse violata la propria integrità fisica. Si può fare, dunque: ribadiamolo. Si può fare a condizione che tutti rimangano e vogliano rimanere esclusivamente sul piano della contestazione verbale, del confronto anche accesso e aspro, ma che non varca o non minaccia di varcare la soglia dell’aggressione fisica. E a condizione, come già scritto, che i dispositivi di sicurezza siano improntati al principio della più scrupolosa proporzionalità e auto-limitazione. Il che purtroppo non ci sembra essere avvenuto, con inaccettabili conseguenze anche nei confronti di manifestanti inermi a cui va la nostra solidarietà.
Ci sono ancora le condizioni perché al corteo del Primo maggio a Torino sia possibile partecipare senza temere per la propria incolumità perché si sfila in uno spezzone di un partito o in quello di un centro sociale? Senza temere perché si sostiene il governo e senza temere perché lo si contesta? Senza temere perché si è stati favorevoli – come noi – al green pass sui luoghi di lavoro o perché si è contrari? Senza temere perché si è d’accordo con l’invio delle armi all’Ucraina o perché – come noi – si è contrari? A noi pare che ci si debba porre innanzitutto queste domande, con la radicalità necessaria in una democrazia costituzionale fondata sui valori della libertà di parola e di manifestazione. Eravamo in tante e in tanti in ogni parte del corteo, in testa come in coda, ad essere scesi i piazza a chiedere diritti e sicurezza per i lavoratori e le lavoratrici, fine del precariato, salario minimo, piena parità do genere a partire dal mondo del lavoro, progressività fiscale e lotta all’evasione, il superamento di un modello di “sviluppo” che sfrutta le persone e il pianeta. E, quest’anno più che mai, la pace. Se vogliamo che queste istanze siano condivise dalla maggioranza delle persone, se vogliamo che diventino realtà, come ci ha insegnato Alex Langer, dobbiamo impegnarci a tessere relazioni e alleanze fra diversi, a riconoscere le ragioni di chi ha linguaggi diversi dai nostri, a scommettere sulla non-violenza e sulla contaminazione di storie e pratiche. Ad insegnarcelo è proprio l’incontro storico fra movimento operaio ed ecologismo: una lezione che dobbiamo ascoltare ancora.
Ci ostiniamo a pensare che un modo diverso sia possibile e che il dialogo consenta di far tornare quella del Primo maggio una manifestazione di tuttə, dove ogni forma di violenza debba essere bandita e non ci sia spazio per la paura: nel nostro piccolo, ci impegneremo in questa direzione, per far sì che si senta più forte e più chiara la voce di chi non si arrende al presente.
Alice Ravinale e Emanuele Busconi,
portavoce di Sinistra Ecologista Torino