Questa sera siamo voluti tornare davanti al CPR di corso Brunelleschi per commemorare Moussa Balde nel secondo anniversario della sua morte.
Moussa aveva 22 anni quando si tolse la vita, il 23 maggio 2021, mentre era rinchiuso in isolamento nel CPR dopo essere stato vittima di un pestaggio di matrice razzista a Ventimiglia. Si è ucciso per disperazione, vittima di un sistema – quello della detenzione amministrativa – che rappresenta una sospensione dei diritti, con un trattamento peggiore di quello riservato alle persone detenute in carcere, a partire dall’assenza di un adeguata assistenza sanitaria e dell’abuso di somministrazione di psicofarmaci.
Il CPR è chiuso da marzo, a seguito della sollevazione dei trattenuti, e noi chiediamo che non riapra più.
È la posizione ufficialmente assunta dal Consiglio Comunale di Torino, con un atto approvato a larga maggioranza nel mese di marzo. È ora di smetterla di investire denaro pubblico su un non-luogo che rappresenta una ferita per la nostra città e per lo stato di diritto, in cui la dignità di migliaia persone è stata mortificata per l’abbietta ragione di non essere in regola con i documenti e in cui hanno trovato la morte due giovani uomini: Moussa Balde, che ricordiamo oggi, e Fasal Hossain, morto nel 2019 per arresto cardiaco per cause mai chiarite dopo venti giorni di isolamento punitivo.
Il Governo ha approvato l’apertura di un CPR in ogni regione italiana: è una decisione scellerata, i CPR sono un esercizio di razzismo istituzionale inammissibile, sono tre mesi di libertà e di vita sottratti a cittadini stranieri per il solo fatto di essere stranieri, con un tasso di rimpatri bassissimo, e vanno chiusi immediatamente.
Ad oggi non ci sono notizie certe sull’ipotesi di riaprire il CPR di corso Brunelleschi da parte del Ministero, e noi continueremo ad opporci con forza a questa possibilità, fuori e dentro le istituzioni.
Nessuna persona è illegale: basta vittime delle frontiere e del razzismo.
