“Qualcuno potrebbe dirci che l’Ipcc non è un organismo politico e che dovrebbe solo valutare la scienza relativa ai cambiamenti climatici. Vi assicuro che il cambiamento climatico indotto dall’uomo e la guerra contro l’Ucraina hanno collegamenti diretti e le stesse radici. Si tratta dei combustibili fossili e della dipendenza dell’umanità da essi”.
Queste le parole di Svitlana Krakovska, a capo del laboratorio di climatologia applicata, nonché referente Ucraina per l’ipcc.
“Le emissioni di gas serra hanno modificato l’equilibrio energetico del pianeta, mentre la facilità di ricevere energia da carbone, petrolio e gas ha cambiato gli equilibri di potere nel mondo. Non possiamo cambiare le leggi del mondo fisico, ma è nostra responsabilità cambiare le leggi della civiltà umana per un futuro climatico resiliente”.
Un futuro climatico resiliente.
Un futuro?
Ma a chi importa dei cambiamenti climatici durante una guerra?
Chi si interessa del futuro a lungo termine quando non riesce neanche a immaginare il proprio domani?
Come può un governo nazionale concentrarsi su politiche ambientali in un contesto internazionale tanto instabile?
Riconoscere l’interconnessione tra le due crisi è l’unico modo per coglierne la reale complessità e l’unica via percorribile per risolverle.
La guerra in Ucraina non è, o non ancora, una guerra per le risorse energetiche, ma è legata a doppio filo alla nostra dipendenza dal petrolio e dal gas russo.
I combustibili fossili sono diventati una sorta di arma di distruzione di massa: è nostra responsabilità riconoscerlo, e con coraggio emanciparci immediatamente da questa dipendenza nociva sia a livello umano che ecologico.
L’impatto ambientale dei corpi militari.
L’iniqua distribuzione dei finanziamenti tra spese militari e investimenti nella ricerca.
Le migrazioni forzate che intere popolazioni si trovano costrette ad affrontare.
Questi sono solo alcuni aspetti da cui emerge un unico dato evidente.
La situazione geopolitica che questa crisi determinerà sarà la mappa delle nostre possibilità climatiche durante gli ultimi anni che restano per correggere le conseguenze di due secoli di sviluppo industriale su 10mila anni di storia umana.
Lo sentite questo tic tac?
È il tempo che passa mentre armamenti silenziosi oltrepassano i confini, per aggiungere guerra alla guerra.
È il tempo che scorre davanti all’inazione, la paura e l’incertezza di un futuro tanto fragile.
È il tempo di interrompere questo ticchettio incessante.
A una guerra fossile guidata dal profitto opponiamo una pace rinnovata, che superi le diseguaglianze profondissime, la violenza sistemica e il collasso ecoclimatico, e abbracci invece la costruzione collettiva di basi nuove: nonviolenza e sostenibilità.
Un altro mondo è possibile perché la guerra è fossile, la pace è rinnovabile.
Roma, 2.05.2022
Sara Diena