Dal 3 ottobre 2013, quando 368 persone morirono nei pressi di Lampedusa, non siamo stati in grado di superare la vergogna delle condizioni a cui sottoponiamo, come Italia e come Unione Europea, le donne, gli uomini e i bambini che per legittimo desiderio o per drammatica necessità tentano di arrivare in Europa.
Da allora abbiamo assistito al rafforzamento delle politiche di contenimento dei migranti ai nostri confini esterni, finanziando regimi basati sulla violazione dei diritti fondamentali e dello stato di diritto, come accade con la Libia e la Turchia.
Abbiamo accettato che fossero dei privati, e non i nostri stati che pure tutelano il diritto all’asilo e che sono tenuti agli obblighi SARS di salvataggio in mare, a salvare le vite nel Mediterraneo e poi abbiamo visto criminalizzare l’operato di quei soggetti, così come di coloro che prestano soccorso a chi affronta gli spostamenti interni ai confini europei, considerati tuttora illegali secondo il mai modificato Regolamento di Dublino.
Eppure gli strumenti ci sono già, anche a livello normativo: creare canali di ingresso protetto, che evitino di creare condizioni di trauma e di assoluta disperazione, anche materiale, per chi arriva. Combattere ogni giorno la cultura intollerante e razzista di chi dice, sbagliando, che “non possiamo accoglierli tutti”.
Intanto, come abbiamo fatto questa mattina in Comune a Torino grazie ad Abdullahi Ahmed, presidente della Commissione di Contrasto ai Fenomeni di intolleranza e razzismo e di Maria Grazia Grippo, presidente del Consiglio Comunale, oggi dobbiamo continuare a ricordare e a rendere omaggio alla memoria di tutte quelle persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo.
Sono 48.647 dal 1993 al 1° giugno di quest’anno. Oltre 25.000 dal naufragio di Lampedusa che commemoriamo oggi.
Qui, grazie al lavoro della ONG olandese United, trovate tutti i loro nomi, le loro età, le cause della loro morte: https://unitedagainstrefugeedeaths.eu/
Alice Ravinale